TRIBUNALE DI VITERBO 
                     Il Giudice dell'Esecuzione 
 
 
          Ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale 
       Ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 
 
    Nel procedimento R.E. n. 1396/2013 promosso da Banca  di  Viterbo
Credito Cooperativo S.p.A. - creditore procedente,  contro  Valentini
S.r.l. - debitore esecutato e nei confronti di CRV Immobiliare S.r.l.
- terzo pignorato. 
    Intervenuti:  Banca  di  Viterbo  per  ulteriore  credito  di   €
167.607,00 oltre interessi; Silvestri Legnami S.r.l. per credito di €
2.450,00 oltre interessi; 
    intervenuti rinuncianti: Saliaj Flamur;  Kumanaku  Besmir;  Prod.
In.Gra S.r.l.; 
    Letti gli atti della procedura esecutiva di cui alla  epigrafe  -
sciogliendo la riserva presa alla udienza del 4 febbraio 2015; 
    Premesso che: fatto e svolgimento del processo: 
        1. Con atto di pignoramento presso terzi notificato  in  data
20 dicembre 2013, la Banca di Viterbo sottoponeva a pignoramento  «le
somme dovute in forza di contratti per compravendite  immobiliari....
ed ogni altra somma credito e/o attivita' a qualsiasi causa dovuta  o
debenda dalla CRV Immobiliare S.r.l. alla debitrice  esecutata  e  di
cui la stessa e' titolare sia per capitale, sia  per  interessi,  sia
per spese, fino a concorrenza della somma precettata aumentata  della
meta' ex art. 546 cpc e cosi' per complessivi € 580.961,40». 
        2. Il terzo CRV Immobiliare S.r.l. non compariva alla udienza
del 18 giugno 2014 e il G.E. ordinava la notificazione del verbale di
udienza con avviso al terzo pignorato che, in  caso  di  mancata  sua
comparizione alla successiva udienza del 22 ottobre  2014  e  mancata
dichiarazione, il credito, nella misura e per le causali indicate dal
creditore, si sarebbe ritenuto accertato ai sensi dell'art.  548  cpc
nuova formulazione (Articolo modificato dalla legge 24 dicembre 2012,
n. 228, legge di Stabilita'  2012,  per  i  procedimenti  iniziati  a
decorrere dal 1° gennaio 2013, e  successivamente  ancora  modificato
con  decreto-legge  12  settembre  2014,  n.  132,  convertito,   con
modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, che ha  abrogato
il primo comma e sostituito il secondo). 
        3. Regolarmente notificato il verbale al terzo  (in  data  16
luglio 2014), alla successiva udienza del 5 novembre  2014  il  terzo
pignorato,  la  CRV  S.r.l.  assistita  dall'avv.  Giuseppe  Sinatra,
depositava dichiarazione di terzo negativa, affermando di  non  avere
alcun debito  nei  confronti  della  debitrice  esecutata,  Valentini
S.r.l. (erroneamente  indicata  come  Valentini  Immobiliare  S.r.l.,
errore materiale, poi piu' volte chiarito dalla difesa della CRV, sia
a verbale che nelle note autorizzate). 
        4. La Banca di Viterbo contestava la dichiarazione  negativa,
e chiedeva l'assegnazione del  credito,  affermando  che  il  credito
della  Valentini  S.r.l.  deve   ritenersi   esistente   e   che   la
dichiarazione e' mendace e non corrispondente al vero, in quanto,  in
documenti presentati presso la stessa  Banca  di  Viterbo  dalla  CRV
Immobiliare S.r.l., la  stessa  si  era  dichiarata  debitrice  della
Valentini S.r.l., in particolare riferiva che nel doc. 12 in atti  la
CRV avrebbe dichiarato: «di dover  provvedere  alla  restituzione  di
somme precedentemente oggetto di dazione in nostro favore  effettuata
dalla Soc. Valentini S.r.l.», inoltre tale  debito  risultava  a  suo
dire, da una  serie  di  documenti  che  venivano  prodotti,  da  cui
risultava, secondo la difesa della Banca creditrice, il  collegamento
tra le due societa' e l'esposizione debitoria della  CRV  S.r.l.  nei
confronti della Valentini S.r.l. 
        5. Il G.E., rilevato che la dichiarazione del terzo era stata
oggetto  di  contestazioni,  con  ordinanza  del  5  novembre   2014,
disponeva procedersi agli  accertamenti  di  cui  all'art.  549  cpc,
autorizzando le parti al deposito di note autorizzate e  documenti  e
rinviava al 4 febbraio 2015. 
        6. La Banca di Viterbo nelle sue note  autorizzate  sosteneva
che la  Valentini  S.r.l. e  la  CRV  S.r.l.  non  sono  socie  l'una
dell'altra, ma sono collegate in quanto il  sig.  Roberto  Valentini,
socio della Valentini S.r.l. e' amministratore della CRV  Immobiliare
S.r.l. 
        7. Negli anni la Valentini S.r.l. aveva corrisposto alla  CRV
S.r.l. delle somme per consentirle di  coprire  alcune  rate  con  le
societa' di leasing da cui la CRV Immobiliare  aveva  acquistato  gli
immobili adibiti a  Caserma  dei  Carabinieri  di  Bagnoreggio  e  di
Capranica, affittati al Ministero dell'interno, ma  il  credito  piu'
cospicuo sarebbe derivato dall'aiuto che la Valentini S.r.l.  avrebbe
dato alla CRV Immobiliare S.r.l. per l'acquisto dell'immobile sito  a
Viterbo Valle Faul «ex gasometro», avrebbe pagato le rate del leasing
e poi coperto i titoli rilasciati per il  riscatto  anticipato,  tale
operazione sarebbe stata «giustificata» mediante la sottoscrizione di
un preliminare di compravendita al prezzo di € 1.200.000,00 stipulato
in data 12 maggio 2010; il prezzo pattuito sarebbe stato  pagato  con
modalita' di favore e con pagamenti rateali che in realta' sarebbero,
a dire della Banca di Viterbo, «meri  prestiti»  e  tale  circostanza
risulterebbe sia dai  documenti  gia'  menzionati,  sia  dagli  altri
documenti depositati; tale circostanza dovrebbe emergere anche da una
prova testimoniale  che  la  Banca  ha  richiesto,  articolata  in  5
capitoli, riguardanti una riunione tenutasi nel marzo 2013, nel corso
della quale l'amministratore della  CRV  Immobiliare  S.r.l.  avrebbe
ammesso l'esistenza di  un  debito  della  CRV  nei  confronti  della
Valentini S.r.l. di € 850.000,00. 
        8. Chiedeva quindi di dichiarare accertata l'esistenza di  un
credito di € 850.000,00 o in subordine di € 500.000,00 per il  minore
importo a suo dire «ammesso» nella lettera del 22 novembre 2011 (doc.
12) e la conseguente assegnazione; 
        10. La CRV Immobiliare S.r.l.  (terzo  pignorato)  nelle  sue
note autorizzate dichiarava che nei bilanci CRV  risulta  esposto  un
debito di € 1.200.000,00 nei confronti della  Valentini,  debito  che
non  ha  natura  pecuniaria  ma  trae  origine  dal  preliminare   di
compravendita immobiliare del 1° marzo 2010, allegato n. 7 alle  note
autorizzate depositate da Banca di  Viterbo,  che  prevede  l'impegno
della CRV Immobiliare a vendere alla Valentini S.r.l.  l'immobile  di
Valle Faul «ex gasometro», una volta perfezionato il riscatto con  la
societa' di leasing, a fronte del versamento di parte del  prezzo  da
parte della Valentini S.r.l. La CRV Immobilare aveva emesso  fattura,
che  veniva  iscritta  in  bilancio,  da  un  lato  all'attivo,   per
rappresentare credito per le  somme  ancora  dovute  dalla  Valentini
S.r.l. per  il  saldo  del  prezzo,  dall'altro  al  passivo  per  il
corrispondente debito della  CRV  Immobiliare  per  il  trasferimento
dell'immobile in favore della Valentini. La  posizione  debitoria  e'
destinata ad estinguersi col fisiologico trasferimento dell'immobile.
Per quanto riguardava un prestito chirografario di € 180.000,00 del 2
dicembre  2011  la  CRV  aveva  effettuato  la  restituzione  con  un
versamento di € 154.800,00 nel mese di dicembre  2011  «definendo  le
partite in essere tra le parti». Nelle repliche la Banca di  Viterbo,
insisteva nelle sue deduzioni circa  la  vera  natura  delle  dazioni
della Valentini S.r.l., che avrebbero costituito un prestito e non  i
versamenti  del  prezzo  stabilito  nel  preliminare,  per   cui   ne
residuerebbe un credito di almeno  500.000,00  euro  a  favore  della
Valentini  S.r.l.  nei  confronti  della  CRV,  che,  a   suo   dire,
risulterebbe ammesso nella lettera del 22 novembre 2011 (doc. 12). 
    Nelle repliche della CRV del 24 gennaio  2015,  si  allegavano  i
giroconti  da  cui  risultava  la  restituzione  di  €  161.800,00  a
Valentini, a fronte del prestito di € 180.000,00 e  la  difesa  della
CRV dichiarava che ogni posizione debitoria si era  definita  con  la
stipula del preliminare tra la Valentini e la CRV del 1° marzo  2010,
con cui si era stabilito che la Valentini  S.r.l.  doveva  versare  €
600.000,00 in conto del prezzo complessivo di € 1.200.000,00. 
    L'operazione di compravendita  sarebbe  reale  e  niente  affatto
simulata,  come  dimostrerebbe  l'intervenuta  conclusione   di   una
operazione del tutto analoga, avente ad oggetto  l'immobile  condotto
in  locazione  finanziaria  adibito  a  Caserma  dei  Carabinieri  di
Capranica,  venduto  all'Istituto  per  il  sostentamento  del  clero
immediatamente dopo averlo riscattato. I canoni di leasing  sarebbero
stati interamente  pagati  con  i  canoni  di  locazione  pagati  dal
Ministero,  portando  a  termine  una  operazione  analoga  a  quella
effettuata con la Valentini (conduttrice dell'immobile sito in  Valle
Faul). Dalle note depositate e dai documenti  emerge  sostanzialmente
che il terzo pignorato CRV Immobiliare S.r.l. nega di avere un debito
pecuniario nei confronti della debitrice Valentini S.r.l. ed  afferma
che il rapporto intercorrente con la Valentini deriva dal preliminare
di compravendita immobiliare del 1° marzo 2010 (allegato  n.  7  alle
note  autorizzate  depositate  da  Banca  di  Viterbo),  che  prevede
l'impegno della CRV Immobiliare S.r.l. a  trasferire  alla  Valentini
S.r.l. l'immobile di Valle Faul una volta  perfezionato  il  riscatto
con la societa' di leasing, a  fronte  dell'avvenuto  versamento  del
prezzo da parte della Valentini S.r.l. 
    L'operazione di cui all'atto di intesa del 3  novembre  2011  non
risulta sia stata perfezionata, e quindi non  risulta  che  le  parti
abbiano stipulato un accordo di risoluzione circa preliminare del  1°
marzo 2010. 
    La Banca di  Viterbo  al  momento  della  notifica  dell'atto  di
pignoramento  presso  terzi   aveva   affermato   di   sottoporre   a
pignoramento «le somme dovute in forza di contratti per compravendite
immobiliari.... ed ogni altra somma credito e/o attivita' a qualsiasi
causa dovuta o debenda dalla CRV Immobiliare  S.r.l.  alla  debitrice
esecutata». 
    La Banca di Viterbo, quindi,  nell'atto  di  pignoramento  presso
terzi, aveva qualificato il credito pignorato come  un  credito  «per
somme dovute in forza di contratti per compravendite  immobiliari»  e
non ha mai contestato l'esistenza  del  contratto  preliminare,  che,
anzi, risulta  depositato  dalla  stessa  Banca  e  oggetto  di  vari
riferimenti nella documentazione prodotta dalla Banca. 
    Dal contratto preliminare (doc. 7 allegato alle  note  depositate
per la Banca in data 15 dicembre 2014), emerge che la CRV Immobiliare
S.r.l., non si obbliga a versare delle somme alla Valentini S.r.l. ma
a trasferirle l'immobile sito a Viterbo Valle  Faul  «ex  gasometro»,
dopo avere a sua volta perfezionato l'acquisto mediante il leasing. 
    L'acquisto dell'immobile da parte della  CRV  Immobiliare  S.r.l.
dalla societa' FINECO leasing risulta perfezionato con  compravendita
del 20 aprile 2010 (doc. 6 stesso fascicolo). 
    Solo nelle sue note autorizzate la Banca di Viterbo ha  sostenuto
che il contratto preliminare in realta' nascondesse una pluralita' di
prestiti effettuati  dalla  Valentini  S.r.l.  alla  CRV  Immobiliare
S.r.l., prima e dopo la sottoscrizione, e fosse stato  stipulato  per
giustificare contabilmente i passaggi  di  denaro  tra  la  Valentini
S.r.l. e la  CRV,  quindi  il  credito  pignorato  consisterebbe  nel
credito per la restituzione dei prestiti. 
    Il  contratto  preliminare  sarebbe  un  negozio  sostanzialmente
simulato,  per  nascondere  una  diversa  operazione  di  prestito  e
finanziamento tra le due societa', che non sono  collegate  in  senso
tecnico per quanto previsto dall'art. 2359 cc, in quanto l'una non e'
socia  dell'altra,  ma   sono   collegate   di   fatto,   in   quanto
l'amministratore della CRV Immobiliare S.r.l., sig. Valentini Roberto
e' ex Amministratore della Valentini Immobiliare S.r.l. e socio della
stessa. 
 
                             In diritto 
 
    A) Nel procedimento in epigrafe deve essere applicato l'art.  549
cpc  nella  sua  nuova  formulazione  a   seguito   delle   modifiche
intervenute con legge 24 dicembre 2012, n. 228, legge  di  Stabilita'
2012. 
    Testo art. 549. (Contestata dichiarazione del terzo).  «Se  sulla
dichiarazione sorgono contestazioni, il  giudice  dell'esecuzione  le
risolve,  compiuti   i   necessari   accertamenti,   con   ordinanza.
L'ordinanza produce effetti ai  fini  del  procedimento  in  corso  e
dell'esecuzione fondata  sul  provvedimento  di  assegnazione  ed  e'
impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617». 
    B) In effetti a seguito delle  contestazioni  insorte  in  merito
alla dichiarazione negativa della CRV, con ordinanza del  5  novembre
2014, il G.E.  ha  disposto  procedersi  agli  accertamenti  di'  cui
all'art. 549 cpc,  autorizzando  le  parti  al  deposito  di  note  e
documenti. 
    Attraverso l'autorizzazione al deposito di note e i documenti  si
e'  inteso  dare  alle  parti   la   possibilita'   di   formalizzare
compiutamente le contestazioni  e  le  difese  e  di  documentare  le
proprie   allegazioni   difensive   nonche'   di    richiedere    gli
«accertamenti» ritenuti opportuni secondo quanto  indicato  dall'art.
548 cpc nella sua nuova formulazione. 
    C) A conclusione del sommario procedimento  a  cui  si  riferisce
l'art. 549 cpc, in caso di «Contestata dichiarazione  del  terzo»  e'
previsto che il  G.E.  debba  emettere  una  ordinanza  che  «produce
effetti ai fini del procedimento in corso e  dell'esecuzione  fondata
sul provvedimento di assegnazione ed e' impugnabile nelle forme e nei
termini di cui all'art. 617». 
    D) Vengono in rilievo quindi, nel caso di specie, delle questioni
inerenti la legittimita' costituzionale dell'art. 548 cpc  nella  sua
nuova formulazione, cosi' come modificato dall'art. 1 co. 20 legge 24
dicembre 2012, n. 228, legge di Stabilita' 2012, per  i  procedimenti
iniziati a decorrere dal 1° gennaio 2013,  che  necessariamente  deve
essere applicato per risolvere la controversa  in  oggetto  (iniziata
nel mese di dicembre 2013). 
    E) E' bene ricordare che la precedente disciplina  era  contenuta
nell'art. 548 e nell'art. 549 cpc  che  prevedevano  rispettivamente:
l'art. 548 cpc: «(Mancata o contestata dichiarazione del  terzo).  Se
il terzo non compare all'udienza stabilita o, comparendo, rifiuta  di
fare la dichiarazione, o se intorno a questa  sorgono  contestazioni,
il giudice, su istanza di parte, provvede all'istruzione della  causa
a norma del libro secondo.  Se  il  terzo  non  fa  la  dichiarazione
neppure nel corso del giudizio di primo grado, puo' essere  applicata
nei suoi confronti  la  disposizione  dell'art.  232  primo  comma.».
L'art. 549 cpc: «Con la sentenza che definisce  il  giudizio  di  cui
all'articolo precedente,  il  giudice,  se  accerta  l'esistenza  del
diritto del debitore nei confronti del terzo,  fissa  alle  parti  un
termine perentorio per la prosecuzione del processo esecutivo». 
    La riforma di cui alla legge n. 228/2012, ha modificato  in  modo
radicale l'ipotesi di «contestata dichiarazione del terzo»: e'  stato
eliminato un caso di sospensione ex lege del processo esecutivo,  per
cui non si apre piu' una vera e  propria  «parentesi  cognitiva»  nel
corso del procedimento espropriativo presso terzi; non si parla  piu'
di   «controversie»   intorno   alla   (fatta)   dichiarazione    ne'
espressamente  di  «accertamento  dell'obbligo  del  terzo»;  non  e'
prevista piu' (espressamente) alcuna «istanza  di  parte»  e  non  si
provvede piu' all'istruzione della causa  nelle  forme  del  processo
ordinario di cognizione («a norma del libro secondo»); non viene piu'
accertata «con sentenza» l'esistenza del  diritto  del  debitore  nei
confronti del terzo, ma, ai sensi dell'attuale  art.  549  codice  di
procedura civile, «se sulla dichiarazione sorgono  contestazioni,  il
giudice   dell'esecuzione   le   risolve,   compiuti   i    necessari
accertamenti, con ordinanza», la quale «produce effetti ai  fini  del
procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento  di
assegnazione»  ed  e'  impugnabile  nelle  forme  e   termini   delle
opposizioni agli  atti  esecutivi  di  cui  all'art.  617  codice  di
procedura civile. 
    Nella vigenza del codice di procedura civile del 1942, l'opinione
dottrinale maggioritaria, e poi divenuta prevalente, riteneva che  il
terzo non fosse citato perche' «si difenda e  faccia  valere  un  suo
interesse, ma perche' serva gli interessi del processo esecutivo, che
si svolge contro il debitore e presso il terzo, giudizio nel quale il
terzo - per definizione - non e' parte,  in  quanto  ne'  agisce  ne'
subisce (in senso proprio) l'espropriazione» (Colesanti, Pignoramento
presso terzi,  in  Enc.  Dir.,  XXXIII,  Milano,  1983,  837;  Travi,
Espropriazione presso terzi, in Novissimo digesto  italiano,  Torino,
1960, 958). 
    Il terzo non aveva qualita' di parte nel giudizio  esecutivo,  ma
era opinione dottrinale e giurisprudenziale pacifica che avesse  tale
qualita' nel processo incidentale di accertamento del suo obbligo: un
ordinario  giudizio   di   cognizione   del   quale   si   ritenevano
litisconsorti necessari l'istante, il debitore esecutato e  il  terzo
medesimo (Cassazione n. 2406 del 1966; Cassazione n. 1427 del 1963). 
    Il giudizio cognitivo aveva carattere  eventuale,  seguendo  alle
ipotesi di mancata e di contestata dichiarazione del  terzo  solo  su
istanza di parte. 
    In caso di dichiarazione  negativa  ovvero  carente  di  adeguata
specificazione ai fini del perfezionamento dell'atto di pignoramento,
il creditore per affermare esistente  il  diritto  del  debitore  nei
confronti  del  terzo,  aveva  l'onere  di  provocare,  con  apposita
istanza, l'instaurazione di un ordinario giudizio di  cognizione  per
l'accertamento dell'obbligo  del  terzo,  che  -  in  caso  di  esito
positivo - gli avrebbe consentito di riassumere e portare  a  termine
l'esecuzione  contro  il  suo  debitore,  frattanto   necessariamente
sospesa. 
    Nell'ipotesi in cui, al momento  di  instaurazione  del  giudizio
sull'accertamento fosse gia' pendente altro giudizio tra il  debitore
ed il terzo, la  giurisprudenza  prevalente  aveva  ritenuto  che  il
giudice  dovesse  dichiarare  la  litispendenza   per   il   giudizio
successivo  e  che  il  creditore  procedente  fosse  legittimato  ad
intervenire nel giudizio gia' pendente (Cassazione n. 281  del  1979,
in GI, 1980, I, l, 166 - in dottrina: D'Onofrio, Commento  al  codice
di procedura civile,  II,  Torino,  1957,  937;  Satta,  L'esecuzione
forzata, Torino, 1963, 149)  -  Secondo  altra  opinione,  non  erano
ravvisabili gli estremi della litispendenza in caso di pendenza di un
giudizio sul medesimo rapporto  tra  debitore  e  terzo  (Vaccarella,
Espropriazione   presso   terzi,   in   Digesto   delle    Discipline
Privatistiche, Sez. Civ., VIII, Torino, 1992, 118). 
    La giurisprudenza sembra  avere  definito  la  questione  con  la
pronuncia della Cassazione, Sez. Un., n. 25037 del 2008,  secondo  la
quale  l'oggetto  dell'azione  di  accertamento  fosse  duplice:  sia
l'esistenza della situazione sostanziale intercorrente  tra  terzo  e
debitore,  sia   l'assoggettabilita'   del   credito   o   del   bene
all'esecuzione forzata. 
    Cassazione Sez. Un. Civili, 13 ottobre 2008,  n.  25037  -  Pres.
Carbone - Est. Travaglino. 
    Le questioni di giurisdizione sono  ammissibili  nell'ambito  del
giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo,  previsto  dall'art.
548 cod. proc. civ, atteso che, pur essendo promosso dal ereditare in
forza  di  una  propria  legittimazione  ad  agire  e  non   in   via
surrogatoria del debitore, non ha rilevanza limitata alla sola azione
esecutiva, ma - anche per motivi di economia e celerita'  processuale
richiesti dai principi del giusto processo «ex» art. 111 Cost.  -  si
conclude con una sentenza  dal  duplice  contenuto  di  accertamento:
l'uno, idoneo ad acquistare autorita' di cosa  giudicata  sostanziale
tra le parti del rapporto, avente ad oggetto il credito del  debitore
esecutato (che, pertanto, e' litisconsorte necessario) nei  confronti
del terzo pignorato; l'altro,  di  rilevanza  meramente  processuale,
attinente     all'assoggettabilita'     del     credito     pignorato
all'espropriazione  forzata,  efficace  nei  rapporti  tra  creditore
procedente e terzo «debitor debitoris» e come tale rilevante ai  soli
fini dell'esecuzione in corso,  secondo  la  forma  dell'accertamento
incidentale «ex lege». (massima ufficiale). 
    F)  Nella  nuova  disciplina  la  controversia  conseguente  alla
contestazione della dichiarazione  del  terzo  sembra,  prima  facie,
assumere  i  caratteri  di  un  giudizio  cognitivo  privo  di  alcun
requisito formale in  ogni  sua  fase  (introduttiva,  istruttoria  e
decisoria), che  si  conclude  con  una  ordinanza  avente  efficacia
dichiaratamente limitata al procedimento esecutivo in corso. 
    Sennonche' tale giudizio, a meno di  non  volerlo  limitare  alle
mere contestazioni di natura puramente formale, inidonee di per se' a
ledere   i   diritti   del   terzo   pignorato,   e   non   incidenti
sull'accertamento della  esistenza  o  meno  del  credito  pignorato,
appare privo delle piu' elementari forme di tutela nei confronti  del
terzo  pignorato,  come  osservato  immediatamente  da  parte   della
dottrina. 
    Il terzo prima della modifica all'art.  543  cpc  introdotta  con
decreto-legge  12   settembre   2014,   n.   132,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, non era  neppure
avvertito nella citazione, contenuta nell'atto di  pignoramento,  con
invito a rendere/comunicare la sua dichiarazione,  delle  conseguenze
della mancata dichiarazione/comparizione ai sensi del novellato  art.
548 c.p.c. 
    Il procedimento «sommario» delineato dall'art. 549 cpc, nella sua
nuova formulazione: 
        1. non chiarisce con quali modalita' ed in  quali  termini  e
forme il terzo pignorato diventa parte del processo (se lo diventa); 
        2.  non  prevede  che  il  creditore   debba   indicare   nel
pignoramento/citazione:  (come  invece  previsto  per   il   giudizio
ordinario dall'art. 163 cpc n. 3, 4, 5 e 7) «la determinazione  della
cosa  oggetto  della  domanda»,  «l'esposizione  dei  fatti  e  degli
elementi di diritto costituenti le  ragioni  della  domanda,  con  le
relative conclusioni»; «l'indicazione specifica dei  mezzi  di  prova
dei quali l'attore intende valersi e in particolare dei documenti che
offre in comunicazione»; requisiti la  cui  essenzialita',  anche  in
relazione a quanto previsto dall'art. 111 Cost., e' prevista - a pena
di nullita' dell'atto di citazione - dall'art. 164 cpc; 
        3. la procedura cosi' sommariamente delineata  dall'art.  549
cpc non prevede  che  il  creditore  debba  necessariamente  indicare
nell'atto di pignoramento presso terzi (contenente la  citazione  del
terzo a comparire alla udienza ai sensi dell'art. 543 cpc n.  4),  in
modo specifico e non generico l'oggetto e il titolo della domanda nei
confronti del terzo (e' previsto infatti dall'art. 543 comma 2 cpc n.
2 che il pignoramento presso  terzi  debba  contenere  «l'indicazione
almeno generica, delle cose o delle somme dovute e la intimazione  al
terzo di non disporne senza ordine del giudice», e  non  e'  previsto
che il creditore debba specificare a quale titolo tali somme  o  cose
siano dovute); 
        4. prevede per il terzo un termine a  comparire  estremamente
ridotto (10 giorni) e non sufficiente a precisare le  sue  difese  in
vista di un contenzioso, in caso di dichiarazione in tutto o in parte
negativa; 
        5. non prevede che il terzo sia necessariamente assistito  da
un difensore, ne' che egli possa  e  debba  formalizzare  le  proprie
difese e conclusioni in una comparsa, con  la  necessaria  assistenza
tecnica, tanto che, parte della dottrina, sottolineando come non  sia
possibile proporre una semplice istanza nei confronti di un  soggetto
che  non  e'  parte  processuale,  ritiene  altresi'  necessaria   la
citazione in giudizio del terzo pignorato e, dunque, il  differimento
dell'udienza con termine per la chiamata; in tal modo,  evitando  che
il sistema presenti profili  di  incostituzionalita'  per  violazione
degli artt. 24, comma 2, e 111, comma 2, Cost.; 
        6. non prevede che le parti possano precisare  le  reciproche
domande e conclusioni anche istruttorie (183 VI co cpc); 
        7. non prevede quali poteri istruttori abbia il Giudice della
esecuzione nel compiere  i  «necessari  accertamenti»  finalizzati  a
risolvere le «contestazioni»; 
        8. non prevede la possibilita' di una normale impugnazione di
merito ma solo che  la  ordinanza  conclusiva  del  procedimento  sia
impugnabile  nelle  forme  e  termini  delle  opposizioni  agli  atti
esecutivi di cui all'art.  617  codice  di  procedura  civile.  Senza
specificare l'ampiezza dell'oggetto  della  impugnazione  e  se  essa
possa estendersi  all'accertamento  della  esistenza/inesistenza  del
credito; 
        9. non chiarisce se la ordinanza conclusiva del procedimento,
in caso di ritenuto accertamento del credito e quindi di assegnazione
dello stesso, abbia o meno natura di titolo esecutivo  nei  confronti
del terzo (questione gia' controversa in dottrina e giurisprudenza  e
che il legislatore non ha definitivamente chiarito). 
    In base alla nuova formulazione dell'art. 548 cpc, il terzo -  in
ipotesi non assistito da un difensore e non  adeguatamente  informato
dei  rischi  -  potrebbe   rendere   a   mezzo   raccomandata   a.r.,
dichiarazione negativa, non ricevere  piu'  alcuna  notificazione  di
alcun altro atto, e poi trovarsi  costretto  all'opposizione  avverso
l'ordinanza di assegnazione e/o comunque costretto al pagamento di un
debito, magari inesistente - in esecuzione della  stessa  -  ed  alla
successiva azione di ripetizione (nei confronti di un  debitore  gia'
dimostratosi insolvente - ovviamente). 
    Con il rischio di preclusione  della  sua  facolta'  di  esperire
azione di accertamento  negativo  del  debito  nei  confronti  e  del
creditore pignorante e (forse), anche del debitore, qualora egli  non
provveda nei ristretti termini di cui all'art. 617 cpc  ad  impugnare
l'ordinanza di assegnazione. 
    G) Nel caso che ci occupa, il  terzo  ha  avuto  l'accortezza  di
farsi assistere da un difensore, ma risultano  comunque  estremamente
compresse le sue facolta' difensive, sotto vari aspetti: 
        a.  in  quanto  la  domanda  nei  suoi  confronti  e'   stata
modificata nel  titolo,  a  seguito  delle  contestazioni  sulla  sua
dichiarazione negativa,  senza  che  sia  prevista  alcuna  specifica
preclusione ne' requisito formale, relativamente  alla  modificazione
della domanda (proprio in quanto  genericamente  formulata  ai  sensi
dell'art. 543 cpc). Il creditore infatti prima  ha  sostenuto  che  i
supposti crediti da esso creditore pignorati  derivassero  da  «somme
dovute in forza di contratti  per  compravendite  immobiliari....  ed
ogni altra somma credito e/o attivita' a  qualsiasi  causa  dovuta  o
debenda dalla  CRV  Immobiliare  S.r.l.  alla  debitrice  esecutata».
Successivamente, nelle sue note autorizzate, ha invece sostenuto  che
il  credito  pignorato  derivava   dal   credito   restitutorio   per
«prestiti», rivestiti, solo a scopo contabile, sotto la forma  di  un
preliminare di vendita di cosa altrui. In  pratica  il  creditore  ha
chiesto di accertare la  simulazione  del  contratto  preliminare  di
compravendita e di  accertare  i  negozi  sottostanti  costituiti  da
prestiti, domanda nuova  e  non  contenuta  nell'originario  atto  di
citazione; 
        b. in quanto non sono definiti i poteri istruttori del  G.E.,
con conseguente notevole indeterminatezza dell'oggetto del contendere
anche sotto il profilo della ammissibilita' delle prove richieste  ed
autorizzabili dal G.E.; 
        c. in quanto, qualora il G.E., superando  ogni  obiezione  in
ordine alla genericita' dell'atto di  pignoramento  presso  terzi  ed
alla diversita' della domanda  proposta  dal  creditore  in  sede  di
«accertamenti»,  dovesse  ritenere,  in  base   alla   documentazione
prodotta ed alle eventuali altre prove ammesse,  che  il  credito  di
somme di denaro, per restituzione di «prestiti» sussiste, ed emettere
quindi ordinanza di assegnazione dello  stesso,  tale  ordinanza  non
risulterebbe espressamente impugnabile con appello,  ma  solo  «nelle
forme e termini delle opposizioni agli atti esecutivi di cui all'art.
617 c.p.c.», quindi con un termine estremamente ridotto (20  giorni),
e, almeno stando  alla  formulazione  letterale  dell'art.  617  cpc,
limitatamente  a  questioni  di  natura  formale,  non  inerenti   la
esistenza del debito, ma  le  sole  modalita'  di  svolgimento  della
procedura esecutiva. 
    Art. 617 cpc: Le opposizioni relative  alla  regolarita'  formale
del titolo esecutivo e del precetto  si  propongono,  prima  che  sia
iniziata l'esecuzione, davanti  al  giudice  indicato  nell'art.  480
terzo comma,  con  atto  di  citazione  da  notificarsi  nel  termine
perentorio di venti giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o
del precetto. Le opposizioni di cui al comma precedente che sia stato
impossibile  proporre  prima  dell'inizio  dell'esecuzione  e  quelle
relative alla notificazione del titolo esecutivo e del precetto e  ai
singoli atti di esecuzione si propongono con  ricorso  giudice  della
esecuzione nel termine perentorio di venti giorni dal primo  atto  di
esecuzione, se riguardano il titolo esecutivo o il  precetto,  oppure
dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti. 
    La decisione  sulla  eventuale  sospensione  della  ordinanza  di
assegnazione, ai sensi dell'art. 617 cpc -  618  cpc,  e  sempre  nei
limiti consentiti da una contestazione di natura formale, spetterebbe
sempre al medesimo giudice della esecuzione che l'ha  emessa,  ed  il
successivo procedimento di merito  si  svolgerebbe  in  unico  grado,
senza possibilita' di appello; 
        d. in quanto parte della giurisprudenza  (e  della  dottrina)
riconosce  efficacia  di   titolo   esecutivo   alla   ordinanza   di
assegnazione nei confronti del terzo (cfr. Cassazione Civ.  18  marzo
2003  n.  3976),  anche  se  molti  autori  sono  contrari   a   tale
interpretazione sia perche' nel nostro ordinamento i titoli esecutivi
costituiscono un  numero  chiuso  (ex  art.  474  cpc),  sia  perche'
l'ordinanza di  assegnazione  di  per  se'  (nel  vigore  del  regime
precedente alla riforma del 2012) era ritenuta inidonea al  passaggio
in giudicato; quindi il terzo in caso di  ordinanza  di  accertamento
del credito/assegnazione, potrebbe trovarsi  esposto  ad  una  azione
esecutiva basata sulla emanazione di un titolo esecutivo  emesso  nei
suoi  confronti  all'esito  di  un  procedimento  in   cui   non   e'
espressamente previsto neppure che egli rivesta la qualita' di parte,
se non all'esito della sua opposizione ex art. 617 cpc; 
        e.  in  quanto,  in   mancanza   di   previsioni   circa   il
litisconsorzio  necessario  con  il  debitore  e  circa   l'efficacia
(costitutiva/di  accertamento)  nei  confronti  anche  del   debitore
pignorato, della ordinanza emanata ai sensi  dell'art.  549  cpc,  il
terzo  pignorato  sarebbe  esposto  ad  una  situazione  paradossale,
potrebbe trovarsi a dover pagare la somma pignorata al creditore  (in
caso di ritenuta simulazione) e a dovere a  sua  volta  esperire  una
autonoma azione di simulazione (o altra) nei confronti  del  debitore
principale, per ottenere lo  scioglimento  dal  vincolo  contrattuale
costituito dal preliminare di compravendita. 
    H) Le liti da  contestazione  vengono  da  taluno  (in  dottrina)
descritte  come  controversie  che  danno  vita  ad  un  procedimento
cognitivo bifasico, in cui la prima fase (necessaria) si caratterizza
per la sommarieta' della cognizione e si  conclude  con  un'ordinanza
suscettibile di opposizione secondo le forme e nel termine perentorio
prescritto nell'art.  617  codice  di  procedura  civile,  mentre  la
seconda fase (eventuale), s'instaura solo a seguito  di  proposizione
dell'opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza del  giudice
dell'esecuzione e consiste in  un  ordinario  giudizio  a  cognizione
piena, che si conclude  con  una  sentenza  suscettibile  di  ricorso
straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. 
    Secondo  una  diffusa  opinione  il  nuovo  art.  549  codice  di
procedura civile, nonostante  la  nuova  rubrica  parli  soltanto  di
«contestata dichiarazione del  terzo»,  «in  realta'  contiene  anche
nuove modalita' di accertamento del di lui obbligo verso il  debitore
escusso, allorquando sorgano contestazioni sulla  sua  dichiarazione»
(Monteleone, in Riv. esec. forz., n. 1/2013). 
    Il giudizio anche se privo di formalismi,  resterebbe  quindi  un
«vero» giudizio cognitivo  in  cui  l'accertamento  dell'obbligo  del
terzo    ha    rilevanza     meramente     processuale,     attinente
all'assoggettabilita'  del   credito   pignorato   all'espropriazione
forzata, efficace nei  rapporti  tra  creditore  procedente  e  terzo
pignorato e, come tale, rilevante solo ai fini  del  procedimento  in
corso, secondo la forma dell'accertamento incidentale  ex  lege,  con
conferma dell'orientamento dottrinale secondo il quale non  sarebbero
ravvisabili gli estremi della litispendenza in caso di pendenza di un
giudizio sul medesimo rapporto tra debitore e terzo e  contrariamente
a quanto ritenuto dalla Cassazione Sez. Un. Civili, 13 ottobre  2008,
n. 25037 secondo la quale il giudizio  di  accertamento  dell'obbligo
del terzo (nella disciplina previgente): «non ha  rilevanza  limitata
alla sola azione esecutiva, ma -  anche  per  motivi  di  economia  e
celerita' processuale richiesti dai principi del giusto processo "ex"
art. 111 Cost. - si conclude con una sentenza dal  duplice  contenuto
di accertamento:  l'uno,  idoneo  ad  acquistare  autorita'  di  cosa
giudicata sostanziale tra le parti del rapporto, avente ad oggetto il
credito del  debitore  esecutato  (che,  pertanto,  e'  litisconsorte
necessario) nei confronti del terzo pignorato; l'altro, di  rilevanza
meramente processuale, attinente  all'assoggettabilita'  del  credito
pignorato all'espropriazione forzata»; 
    Parte dei commentatori ha ritenuto che il giudizio  instaurato  a
seguito della «contestazione» della dichiarazione del terzo sia stato
sostanzialmente equiparato, al giudizio di cognizione sommaria di cui
al nuovo art. 702-bis codice di procedura civile e,  in  particolare,
al V comma dell'art. 702-ter codice di procedura  civile  per  quanto
riguarda il riferimento ai necessari accertamenti,  semplificando  la
struttura dell'istruzione, cfr. il V comma dell'art.  702-ter  codice
di procedura civile  «il  giudice,  sentite  le  parti,  omessa  ogni
formalita' non essenziale al contraddittorio, procede  nel  modo  che
ritiene piu' opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione
all'oggetto del provvedimento  richiesto  e  provvede  con  ordinanza
all'accoglimento o al rigetto delle domande». 
    Tuttavia  bisogna  osservare  che  il  possibile  richiamo   alla
procedura semplificata di  cui  all'art.  702-bis  e  ss  cpc  appare
limitato alle disposizioni, molto scarne sulla istruttoria  sommaria,
ma la disciplina dell'art. 702-ter cpc, diversamente da quella di cui
all'art. 549 cpc prevede: 
        - innanzitutto un ricorso con i requisiti di cui all'art. 125
cpc enumerati nell'art. 702-bis cpc, tra  i  quali  e'  previsto  che
debba essere determinato, nel ricorso,  l'oggetto  della  domanda,  i
fatti costitutivi e le norme di  diritto  poste  a  fondamento  della
stessa, i mezzi di prova, le conclusioni, 
        - inoltre tale procedura e' di applicazione limitata, essendo
la stessa applicabile ai  soli  giudizi  per  i  quali  il  Tribunale
ritiene applicabile una procedura sommaria, mentre «Se ritiene che le
difese svolte dalle parti richiedono un'istruzione non  sommaria,  il
giudice, con  ordinanza  non  impugnabile,  fissa  l'udienza  di  cui
all'art. 183. In tal caso si applicano le disposizioni del libro II», 
        - e ancora, tale procedura ex art. 702-bis  cpc  si  conclude
con ordinanza, ma la stessa  e'  espressamente  dichiarata  idonea  a
produrre gli  effetti  del  giudicato  ed  e'  appellabile,  ex  art.
702-quater, nel termine di giorni 30 dalla comunicazione o  notifica,
e nel giudizio di appello le parti possono ottenere  l'ammissione  di
nuovi mezzi di prova se  «il  collegio  li  ritiene  indispensabili»,
quindi tale procedura appare, almeno prima facie,  non  in  contrasto
con l'art. 111 Cost, diversamente da quella  sommariamente  delineata
dall'art. 549 cpc nuova formulazione; 
    I) se si aderisce alla tesi secondo  la  quale  la  ordinanza  di
assegnazione e' titolo esecutivo nei confronti del terzo, ma  non  e'
idonea al passaggio in giudicato, si  potrebbe  anche  ipotizzare  la
possibilita',  per  il  terzo,  una  volta  assoggettato  alla  nuova
procedura esecutiva iniziata nei  suoi  confronti  dal  creditore  in
virtu' della  ordinanza  di  accertamento/assegnazione,  di  esperire
opposizione alla esecuzione ai sensi dell'art. 615 cpc con azione  di
accertamento negativo, in caso di inesistenza/estinzione del  credito
per cui vi e' stata assegnazione; tuttavia,  anche  in  tal  caso,  i
diritti del terzo appaiono estremamente compressi in quanto  egli  si
trova esposto alla formazione di un titolo  esecutivo,  efficace  nei
suoi confronti anche se emesso nell'ambito di un processo in cui egli
non e' parte, e attraverso una procedura che non tutela affatto,  nei
suoi confronti, le garanzie difensive. 
    La procedura  sommaria  delineata  dal  legislatore  appare  meno
garantista - nei  confronti  del  terzo  pignorato  -  di  un  comune
procedimento per ingiunzione, dove la formazione del titolo esecutivo
nei confronti del debitore e' soggetta a requisiti formali, a termini
ed a garanzie ben piu' efficaci. Oltretutto sembra che  la  posizione
prevalente della dottrina  sia  orientata  nel  senso  di  attribuire
valore di cognizione seppure sommaria, al giudizio ex art.  549  cpc,
con conseguente incertezza circa il successivo - effettivo e  pratico
- riconoscimento al terzo della  facolta'  di  esperire,  oltre  alla
opposizione nelle forme e nei limiti di  cui  all'art.  617  cpc,  un
autonomo giudizio di accertamento negativo - se  del  caso  ai  sensi
dell'art. 615 cpc  -  del  suo  debito  nei  confronti  del  debitore
esecutato e anche del creditore pignorante, al fine  di  ottenere  la
sospensione   della   esecuzione   fondata   sul   provvedimento   di
assegnazione o  l'eventuale  rimborso  (se  del  caso  dal  creditore
pignorante) di quanto pagato. 
    L)  In  effetti  la  procedura  di  pignoramento  presso   terzi,
soprattutto nella sua nuova e piu' recente formulazione, appare  come
una procedura piuttosto snella idonea a produrre in via giudiziale un
trasferimento della titolarita' di un credito  vantato  dal  debitore
nei confronti del cd «terzo», ad uno o piu'  creditori.  Dal  momento
che l'ordinanza di assegnazione non compare nell'art.  474  cpc,  che
definisce il titolo  esecutivo,  ne'  l'art.  552  e  l'art  553  cpc
definiscono il provvedimento di assegnazione come  titolo  esecutivo,
vi sarebbero elementi testuali per  escludere  la  natura  di  titolo
esecutivo nei confronti del terzo. 
    Argomenti sostanziali per escludere  tale  natura  si  potrebbero
trarre anche dalle  norme  generali  che  regolano  la  cessione  del
credito, infatti il credito non puo' che essere trasferito nei limiti
in cui era posseduto dall'originario creditore (1260 e ss cc), e  non
si  comprende  per  quale  ragione  il   terzo   pignorato   dovrebbe
sostanzialmente  subire  un  aggravamento  della  propria   posizione
debitoria in conseguenza della azione di un creditore al cui  diritto
egli e' perfettamente estraneo ed indifferente, trovandosi esposto  a
dover comunque pagare - in presenza di un titolo esecutivo di cui  il
suo originario creditore non era in possesso - senza che  egli  possa
far valere le ragioni che avrebbe potuto far valere nei confronti del
suo creditore in un giudizio munito delle stesse garanzie  di  quelle
che egli avrebbe avuto se ad  agire  fosse  stato,  appunto,  il  suo
originario creditore. 
    Si potrebbe aderire alla tesi che la  ordinanza  di  assegnazione
non ha natura di titolo esecutivo nei confronti del terzo e che  essa
opera il trasferimento coattivo del credito (una  sorta  di  cessione
pro solvendo, disposta «ope iudicis», con gli  stessi  effetti  della
cessione volontaria), senza pregiudizio di alcuna delle  ragioni  del
terzo, debitor debitoris, con la conseguenza che  il  terzo  potrebbe
far valere ogni sua ragione ed in  particolare  «tutte  le  eccezioni
relative alla esistenza e validita' del  negozio  da  cui  deriva  il
credito  ceduto  e  quelle  concernenti  l'esatto   adempimento   del
negozio», nei successivi giudizi che il creditore  dovrebbe  iniziare
nei suoi confronti per ottenere  il  pagamento  in  caso  di  mancato
spontaneo adempimento, non costituendo l'ordinanza di assegnazione un
accertamento della esistenza, liquidita' ed esigibilita' del  credito
ma solo il trasferimento del credito nei  limiti  in  cui  esso  puo'
essere preteso dal cedente. 
    Tuttavia va detto che  la  giurisprudenza  non  sembra  orientata
affatto in tal senso e, quindi, se il G.E. emanasse una ordinanza  di
accertamento/assegnazione, il terzo si troverebbe comunque esposto ad
una  azione  esecutiva  e  ad  una  serie  di  conseguenze   negative
immediate,   con   sviluppi   processuali   allo   stato   non   solo
imprevedibili, ma del tutto incerte con riguardo ai  rimedi  posti  a
presidio dei suoi  diritti,  salvo  la  scarna  previsione  contenuta
nell'art. 549 della sua facolta' di proporre opposizione nelle  forme
e nei termini di  cui  all'art.  617  cpc  avverso  la  ordinanza  di
assegnazione. 
    M)  Va  detto  che,  nel  caso  di   specie,   viste   anche   le
considerazioni che precedono sulla nuova procedura prevista dall'art.
549 cpc in caso di «contestata dichiarazione del terzo», non sembra a
questo G.E. che  si  possa  pervenire  ad  estendere  la  nozione  di
«necessari accertamenti» ad un vero e proprio giudizio di  cognizione
con  la  stessa  ampiezza  con  cui  era  consentito   l'accertamento
dell'obbligo  del  terzo  nell'ambito   della   procedura   (giudizio
ordinario) che si svolgeva a seguito della istanza  di  cui  all'art.
548 cpc. 
    L'accertamento del credito nel caso che ci occupa, a parere della
scrivente, risulta subordinato all'esperimento, con  esito  positivo,
di azione di simulazione (o eventuale altra azione avente ad  oggetto
la  nullita'/annullabilita'/inefficacia/risoluzione   del   contratto
preliminare di compravendita che costituisce  il  fondamento,  almeno
formale, delle dazioni effettuate dalla  Valentini  S.r.l.  alla  CRV
Immobilare S.r.l., di cui il creditore procedente sostiene - in  capo
alla Valentini S.r.l. - il diritto alla restituzione), azione che non
sembra possa essere ammessa come oggetto del giudizio sommario  posto
all'esame del G.E. attraverso  la  procedura  sommaria  e  i  sommari
accertamenti di  cui  parla  l'odierno  art.  549  cpc,  avuto  anche
riguardo all'oggetto della domanda inizialmente proposta  con  l'atto
di pignoramento (iniziato per ottenere il trasferimento di un  «somme
dovute in forza di contratti per compra  vendite  immobiliari....  ed
ogni altra somma credito e/o attivita' a  qualsiasi  causa  dovuta  o
debenda»); 
    Qualora fosse da ritenere inammissibile, in quanto estranea  alla
nuova procedura sommaria delineata dall'art. 549 cpc, la  domanda  di
accertamento  della  simulazione,  la  domanda   del   creditore   di
accertamento dell'obbligo del terzo e di conseguente assegnazione del
credito pignorato, dovrebbe essere rigettata. 
    Tuttavia, anche in tal caso, si pone una questione  di  possibile
incostituzionalita' della nuova formulazione dell'art.  549  cpc,  in
tal caso, in danno del creditore procedente. 
    In effetti, nel regime previgente, una questione  di  tal  genere
sembra potesse essere proposta dal creditore nell'ambito del giudizio
ordinario di accertamento  dell'obbligo  del  terzo  allora  previsto
dall'art. 548 cpc (cfr. per es. Tribunale di Roma 37 maggio 2012 r.g.
7652/2007, in un caso di intestazione fiduciaria). 
    Nel vigore della precedente disciplina, in caso di  dichiarazione
negativa del terzo, il creditore avrebbe potuto dare  inizio  ad  una
procedura ordinaria di accertamento di obbligo del terzo, e  proporre
nell'ambito di tale giudizio, provvisto di tutte  le  garanzie  poste
dall'ordinamento a tutela del contraddittorio delle  parti  ai  sensi
deil'art. 111 Cost., la domanda di accertamento della simulazione del
contratto preliminare di compravendita dissimulante - a  suo  dire  -
una serie di  prestiti  per  i  quali  eventualmente  sussistesse  un
diritto alla restituzione, come affermato  dal  creditore  procedente
nella procedura che ci occupa. 
    Durante  il  corso  di  tale  procedimento,  nel   vigore   della
precedente disciplina  degli  artt.  548  e  549  cpc,  la  procedura
esecutiva di pignoramento presso terzi sarebbe rimasta sospesa fino a
sentenza definitiva (secondo la  dottrina  prevalente  occorrendo  il
passaggio  in  giudicato  della  sentenza  relativa  all'accertamento
dell'obbligo del terzo). 
    Nell'attuale  procedimento  per  risolvere   le   «contestazioni»
insorte  sulla  dichiarazione,  non  e'   prevista   la   sospensione
necessaria del processo esecutivo fino a passaggio in giudicato della
sentenza (o ordinanza) di accertamento dell'obbligo del terzo. 
    Quindi, se il  G.E.,  all'esito  dei  sommari  accertamenti,  non
ritiene accertato l'obbligo del terzo  e  ritiene  che  le  questioni
poste dalle parti non possano essere risolte in un giudizio sommario,
sembra che debba rigettare la istanza di  assegnazione,  non  essendo
prevista la sospensione della procedura, in attesa della  definizione
del giudizio eventualmente promosso dal creditore nei  confronti  del
terzo. 
    Nel caso opposto, in cui il G.E. ritenga che sia stata  raggiunta
la prova dell'esistenza  del  credito  pignorato,  sembra  che  debba
dichiarare  l'esistenza  del  credito  e   contestualmente   disporre
l'assegnazione  dello  stesso,  senza  attendere  il   passaggio   in
giudicato  dell'ordinanza  di  accertamento  (che  tuttavia  potrebbe
essere  inidonea  al  passaggio  in  giudicato,  avendo  valore  solo
endo-procedimentale), e neppure il termine di cui  all'art.  617  cpc
per l'eventuale impugnazione. 
    All'esito della sommaria esposizione delle questioni che si  sono
poste in relazione al procedimento in esame, c'e' da chiedersi se  la
«semplificazione acceleratoria» voluta dal legislatore del  2012  sia
nel suo complesso  conforme  al  dettato  Costituzionale  e  non  sia
piuttosto  in  contrasto  con  i  principi  informatori  del  «giusto
processo» (art. 111 Cost.), oltre che della uguaglianza dei cittadini
davanti alla legge (art. 2 Cost.)  e  della  ragionevolezza  (art.  3
Cost.). 
    L'applicazione di tale norma (il nuovo testo degli articoli 548 e
549 cpc) e' necessaria ed imprescindibile nel procedimento  «a  quo»,
dal momento che il G.E. deve provvedere sia sull'eventuale ammissione
dei mezzi di prova richiesti dalle parti, qualora ritenga ammissibile
la domanda di accertamento della simulazione, sia  sulla  istanza  di
accertamento ai sensi dell'art. 549 cpc sulla base degli elementi  di
prova  gia'  acquisiti,  sia  sulla   istanza   di   assegnazione/non
assegnazione del credito  e  conseguente  definizione/estinzione  del
giudizio esecutivo. 
    Oltretutto  le  previsioni  in  materia  di  procedimento  civile
contenute nell'art. 1 comma 20 n.ri 3 e 4  della  legge  24  dicembre
2012,  n.  228,  legge  di  Stabilita'  2012,  appaiono  estranee  al
contenuto  tipico  della  legge  finanziaria/legge   di   stabilita',
trattandosi di un intervento di carattere  generale  e  ordinamentale
che non ha attinenza diretta col bilancio statale o  con  la  manovra
economica,  ma  attiene  alle  procedure  giudiziarie  ordinarie   di
esecuzione del pignoramento presso  terzi  e  di  accertamento  degli
obblighi  del  terzo,  aventi  rilevanza  soprattutto  nei   rapporti
privatistici, non e' dato comprendere quali siano le  previsioni  che
dovrebbero giustificare tale riforma nell'ambito della programmazione
del quadro macroeconomico del Paese. 
    Ritenuto che il procedimento di accertamento ex art. 549  cpc  ed
il procedimento esecutivo vadano sospesi  e  gli  atti  rimessi  alla
Corte costituzionale. 
 
                               Osserva 
 
    che  sussistono  seri  dubbi  sulla  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1 comma 20 n.ri 3 e 4 della legge 24 dicembre 2012, n. 228,
legge di Stabilita' 2012, ovvero dell'art. 548 e dell'art.  549  cpc,
in  combinato  disposto  con  l'art.  543  cpc  nella  parte  in  cui
stabiliscono le  forme  del  nuovo  procedimento  per  l'accertamento
dell'obbligo del terzo pignorato in caso di «contestazioni» sulla sua
dichiarazione, nell'ambito della procedura esecutiva di  pignoramento
presso terzi. 
    Testo  art.  549.  (Contestata  dichiarazione  del  terzo).  Post
riforma di cui all'art. 1 comma 20 n. 4 legge 24 dicembre 2012 n. 228
«Se   sulla   dichiarazione   sorgono   contestazioni,   il   giudice
dell'esecuzione le risolve, compiuti i  necessari  accertamenti,  con
ordinanza. L'ordinanza produce effetti ai fini  del  procedimento  in
corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione  ed
e' impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617». 
    Testo art. 548 (mancata dichiarazione del terzo) Post riforma  di
cui all'art. 20 co. 20 n. 3 legge 24 dicembre  2012  n.  228  [Se  il
pignoramento riguarda i crediti di cui all'art. 545, terzo  e  quarto
comma, quando il terzo non compare all'udienza stabilita, il  credito
pignorato, nei termini  indicati  dal  creditore,  si  considera  non
contestato ai  fini  del  procedimento  in  corso  e  dell'esecuzione
fondata sul provvedimento di assegnazione, e il  giudice  provvede  a
norma degli articoli 552 o  553].  Quando  all'udienza  il  creditore
dichiara di non aver  ricevuto  la  dichiarazione,  il  giudice,  con
ordinanza, fissa un'udienza successiva. L'ordinanza e' notificata  al
terzo almeno dieci giorni prima della nuova udienza.  Se  questi  non
compare  alla  nuova  udienza  o,  comparendo,  rifiuta  di  fare  la
dichiarazione, il  credito  pignorato  o  il  possesso  del  bene  di
appartenenza del debitore, nei termini  indicati  dal  creditore,  si
considera  non  contestato  ai  fini  del  procedimento  in  corso  e
dell'esecuzione  fondata  sul  provvedimento  di  assegnazione  e  il
giudice provvede a norma degli articoli 552  o  553.  Il  terzo  puo'
impugnare nelle forme e nei termini di cui all'art. 617, primo comma,
l'ordinanza di assegnazione di crediti adottata a norma del  presente
articolo, se prova di non  averne  avuto  tempestiva  conoscenza  per
irregolarita'  della  notificazione  o  per  caso  fortuito  o  forza
maggiore. 
    Testo  art.  548  cpc  ante   riforma   (Mancata   o   contestata
dichiarazione del terzo). Se  il  terzo  non  comparisce  all'udienza
stabilita o, comparendo, rifiuta  di  fare  la  dichiarazione,  o  se
intorno a questa sorgono contestazioni, il  pretore,  su  istanza  di
parte, provvede all'istruzione della causa a norma del libro secondo,
se essa non eccede i limiti della sua competenza; altrimenti  rimette
le parti davanti al tribunale competente, assegnando loro un  termine
perentorio per la costituzione. Se il terzo non fa  la  dichiarazione
neppure nel corso del giudiziodi primo grado, puo'  essere  applicata
nei suoi confronti la disposizione  dell'art.  232  primo  comma»,  e
testo art.  549  cpc  ante  riforma  (Accertamento  dell'obbligo  del
terzo). Con la sentenza che definisce il giudizio di cui all'articolo
precedente, il  giudice,  se  accerta  l'esistenza  del  diritto  del
debitore nei  confronti  del  terzo,  fissa  alle  parti  un  termine
perentorio per la prosecuzione del processo esecutivo. 
    La disposizione dell'art. 1 comma 20 n.ri 3 e 4  della  legge  24
dicembre 2012, n. 228, contenuta nella legge di Stabilita',  si  pone
in contrasto con gli articoli 2, 3, 24, primo e secondo  comma,  111,
primo, secondo e sesto comma, 81 della Costituzione; 
    Art.  2.  -  La  Repubblica  riconosce  e  garantisce  i  diritti
inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni  sociali
ove si svolge la  sua  personalita',  e  richiede  l'adempimento  dei
doveri inderogabili di solidarieta' politica, economica e sociale. 
    Art. 3. - Tutti i cittadini hanno pari dignita'  sociale  e  sono
eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di  razza,  di
lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni  personali
e sociali. 
    E' compito della Repubblica  rimuovere  gli  ostacoli  di  ordine
economico  e  sociale,  che,  limitando  di  fatto  la   liberta'   e
l'eguaglianza dei cittadini,  impediscono  il  pieno  sviluppo  della
persona umana e l'effettiva  partecipazione  di  tutti  i  lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. 
    Art. 24, commi 1 e 2. - Tutti possono agire in  giudizio  per  la
tutela dei propri diritti e interessi legittimi. 
    La difesa e' diritto  inviolabile  in  ogni  stato  e  grado  del
procedimento. 
    Art. 111 Cost., commi 1, 2, 6, 7. -  La  giurisdizione  si  attua
mediante il giusto processo regolato dalla legge. 
    Ogni processo si svolge nel  contraddittorio  tra  le  parti,  in
condizioni di parita', davanti a giudice terzo e imparziale. La legge
ne assicura la ragionevole durata. 
    Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati. 
    Contro le  sentenze  e  contro  i  provvedimenti  sulla  liberta'
personale,  pronunciati  dagli  organi  giurisdizionali  ordinari   o
speciali, e' sempre ammesso ricorso in Cassazione per  violazione  di
legge. 
    Art. 81.  -  Le  Camere  approvano  ogni  anno  i  bilanci  e  il
rendiconto consuntivo presentati dal Governo. 
    A) Violazione art. 111 Cost. e art. 24 Cost. 
    Art. 24 Cost. 
    1. Tutti possono agire in  giudizio  per  la  tutela  dei  propri
diritti e interessi legittimi. 
    2. La difesa e' diritto inviolabile in ogni  stato  e  grado  del
procedimento. 
    Art. 111 Cost., comma I 
    «La giurisdizione si attua mediante il giusto  processo  regolato
dalla legge». 
    Il processo deve essere «giusto» e «regolato dalla legge», e deve
essere garantita la «difesa» in ogni stato e grado del procedimento. 
    Nel caso in esame, il processo di accertamento  dell'obbligo  del
terzo (che porta alla emanazione di: «ordinanza» che «produce effetti
ai fini dell'esecuzione fondata sul provvedimento  di  assegnazione»)
appare talmente poco «regolato dalla legge» da  essere  rimesso  alla
elaborazione giurisprudenziale nei suoi aspetti fondamentali. 
    Inoltre la difesa (anche quella tecnica) non risulta garantita al
terzo in ogni stato e grado del processo ex art. 549 cpc. 
    Si tratta di un procedimento che astrattamente sembrerebbe  dover
portare alla emanazione di un provvedimento avente valore  di  titolo
esecutivo nei  confronti  del  terzo  pignorato  (questa  sembrerebbe
essere la  interpretazione  dell'intenzione  del  legislatore  quanto
all'espressione «L'ordinanza produce effetti ai fini  dell'esecuzione
fondata sul provvedimento di assegnazione», anche se  il  legislatore
non  ha  previsto  espressamente  che  tale  ordinanza  sia   «titolo
esecutivo» o abbia «efficacia esecutiva» nei confronti  del  terzo  e
quindi  la  questione  rimane  aperta,  stante  la  natura  tassativa
dell'elencazione prevista dall'art. 474 cpc e le altre considerazioni
gia' svolte in motivazione), e che,  tuttavia,  non  appare  regolato
dalla legge neppure nelle sue linee fondamentali. 
    Nella precedente disciplina, il procedimento  per  l'accertamento
dell'obbligo del terzo in caso di dichiarazione negativa, si svolgeva
«a norma del libro secondo» del codice di procedura civile. 
    Con la sostituzione dell'art. 548 cpc e dell'art. 549 cpc  si  e'
previsto  invece  art.  549  che:  «Se  sulla  dichiarazione  sorgono
contestazioni, il giudice  dell'esecuzione  le  risolve,  compiuti  i
necessari accertamenti, con ordinanza. L'ordinanza produce effetti ai
fini  del  procedimento  in  corso  e  dell'esecuzione  fondata   sul
provvedimento di assegnazione ed e' impugnabile  nelle  forme  e  nei
termini di cui all'art. 617.». 
    La procedura attraverso la quale il  G.E.  dovrebbe  compiere  «i
necessari  accertamenti»  non  e'  indicata   in   alcun   modo   dal
legislatore, il quale ha abrogato il riferimento alle norme ordinarie
previste dal libro secondo, e non ha indicato a quali  diverse  norme
il G.E. debba attenersi, per cui si da' ampio spazio alla creativita'
dei  singoli  giudici  dell'esecuzione  nello  stabilire  sia   quali
accertamenti possano essere compiuti e quali no, ma anche  le  regole
generali e l'ambito di applicazione della nuova procedura. 
    In effetti, la nuova normativa non chiarisce l'ambito applicativo
della nuova disciplina e si  discute  se  le  «contestazioni»  e  gli
«accertamenti» possano riguardare  questioni  inerenti  la  esistenza
stessa,  la  esigibilita',  la  liquidita'  del   credito   pignorato
(questioni di merito) o se debbano limitarsi a  questioni  di  natura
procedurale e formale, su aspetti di dettaglio, sulla  pignorabilita'
del credito, sulla esistenza di  precedenti  esecuzioni  o  sequestri
etc.. 
    E' vero che la precedente formulazione dell'art. 548  cpc  faceva
riferimento sempre a «contestazioni» sulla dichiarazione  del  terzo,
ma il contesto in cui era inserito e le diverse garanzie  procedurali
apprestate per il terzo (il cui debito veniva  accertato  nell'ambito
di un giudizio ordinario a norma del libro secondo del cpc)  facevano
si' che il giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo instaurato
a norma dell'art. 548 cpc vecchio  testo  fosse  un  vero  e  proprio
giudizio ordinario, e potesse essere  concepito  come  da  Cassazione
Sez. Un. Civili, 13 ottobre 2008, n. 25037 secondo  la  quale  (nella
disciplina previgente): «non ha rilevanza limitata alla  sola  azione
esecutiva, ma - anche per motivi di economia e celerita'  processuale
richiesti dai principi del giusto processo «ex» art. 111 Cost.  -  si
conclude con una sentenza  dal  duplice  contenuto  di  accertamento:
l'uno, idoneo ad acquistare autorita' di cosa  giudicata  sostanziale
tra le parti del rapporto, avente ad oggetto il credito del  debitore
esecutato (che, pertanto, e' litisconsorte necessario) nei  confronti
del terzo pignorato; l'altro,  di  rilevanza  meramente  processuale,
attinente     all'assoggettabilita'     del     credito     pignorato
all'espropriazione forzata; 
    Attualmente   il   legislatore   sembra   avere   preferito   una
interpretazione opposta a quella della Cassazione, ed avere istituito
un giudizio sommario avente efficacia unicamente «endoprocedimentale»
cio' fa ritenere, ad alcuni, che in tale processo non possano trovare
ingresso le questioni attinenti il merito del  credito  pignorato  ma
solo le questioni di pura forma. 
    Si ricorda che la questione e' antica e risale gia' al Codice  di
procedura civile del 1865 nel  vigore  del  quale,  le  contestazioni
sulla dichiarazione del terzo venivano distinte a seconda che fossero
di pura  forma  e,  in  quanto  tali,  decise  dallo  stesso  giudice
dell'esecuzione (art. 614) ovvero di merito e, in tal caso,  «rimesse
- su istanza della parte interessata - alla decisione  dell'autorita'
giudiziaria che sarebbe stata competente,  se  il  dichiarante  fosse
stato  citato  direttamente  dal   proprio   creditore»   (art.   616
dell'abrogato Codice del  1865  secondo  il  quale  si  procedeva  al
giudizio di cognizione solo caso di «controversie intorno alla  fatta
dichiarazione, che non siano di pura forma»). 
    Nel codice del 1940 (regio decreto 28 ottobre 1940,  n.  1443  in
Gazzetta Ufficiale 28 ottobre 1940) si era privilegiata la  soluzione
secondo la quale tutte le questioni,  sia  di  forma  che  di  merito
venivano decise nelle forme del giudizio ordinario. 
    In effetti, per quanto attiene alla disciplina  dell'accertamento
dell'obbligo del terzo, sembra che l'ordinamento nel 1865 fosse  piu'
garantista ed attento di quanto non lo sia diventato all'esito  della
riforma del 2012. 
    I) Si potrebbe ritenere che il  nuovo  giudizio  debba  svolgersi
nelle forme del processo esecutivo e che lo  stesso  abbia  efficacia
solo  nell'ambito  esecutivo,  come   sembra   voler   affermare   il
legislatore, ma in tal caso non si potrebbe, a meno di una violazione
evidente del diritto di difesa e del principio  del  contraddittorio,
estendere l'oggetto del giudizio alle  «questioni  di  merito»  fatte
valere dal terzo pignorato, o dal ereditare pignorante: come nel caso
di specie, in cui in presenza di una dichiarazione negativa del terzo
il creditore  pignorante  fa  valere  la  pretesa  «simulazione»  del
contratto preliminare  di  compravendita  e  la  diversa  natura  del
rapporto tra il terzo pignorato ed il debitore esecutato. 
    Tali  questioni  non  potrebbero  che   restare   estranee   alla
cognizione del G.E., quindi, non potrebbero essere decise dal Giudice
dell'esecuzione,  il  quale,  in  caso  di  dichiarazione   negativa,
dovrebbe limitarsi a dichiarare l'inammissibilita'  di  questioni  di
merito   ai   sensi   dell'art.   549   cpc    e    di    conseguenza
l'improcedibilita'/estinzione della procedura esecutiva. 
    Cio'  comporterebbe  la  lesione  dei   diritti   del   creditore
procedente, in quanto la sospensione del processo esecutivo  fino  al
termine dell'azione di accertamento, non e' piu' prevista. 
    II) Si potrebbe ritenere, come alcuni  hanno  suggerito,  che  il
giudizio debba svolgersi secondo le norme di cui agli artt. 702 e  ss
cpc (inserito nel libro IV del cpc), ma anche  tale  interpretazione,
sarebbe piuttosto discutibile,  avendo  il  legislatore  abrogato  il
riferimento alle norme di cui al processo  ordinario  (libro  II  del
cpc)  ed  avendo  egli  tra  l'altro  previsto  un  unico  mezzo   di
impugnazione, da esperirsi nelle forme e nei termini di cui  all'art.
617 cpc, mezzo ben diverso da quello  previsto  dall'art.  702-quater
cpc. 
    III) Si potrebbe aderire anche alla teoria secondo  la  quale  il
procedimento si svolgerebbe in una sorta di  procedura  camerale,  ma
che, a seguito della proposta opposizione nelle forme e  nei  termini
di cui all'art. 617 cpc, si instaurerebbe un vero e proprio  giudizio
di cognizione avente ad oggetto ogni possibile questione, di forma  e
di merito, come accadeva per il giudizio ordinario di  cognizione  ai
sensi del vecchio art. 548 cpc. 
    In ogni caso il processo di accertamento dell'obbligo del  terzo,
in  caso  di  dichiarazione  «contestata»  attualmente,  risulta  non
adeguatamente «regolato dalla legge» (come prevede l'art. 111 Cost) e
quasi interamente rimesso alla interpretazione della  giurisprudenza,
con conseguente compromissione dei diritti di difesa dei  singoli,  i
quali non sono posti in condizione di conoscere  preventivamente,  in
modo sufficientemente certo, la normativa applicabile al processo che
li riguarda. 
    B) Art. 111 Cost., comma II 
    «Ogni processo si svolge nel contraddittorio  tra  le  parti,  in
condizioni di parita'...» 
    come si e' gia' detto nella  parte  espositiva,  il  procedimento
«sommario» delineato dall'art. 549 cpc, nella sua nuova formulazione: 
        1) non chiarisce con quali modalita' ed in  quali  termini  e
forme il terzo pignorato diventa parte del processo (se lo diventa); 
        2) l'art. 543 cpc non prevede che il creditore debba indicare
nel pignoramento/citazione: (come invece  previsto  per  il  giudizio
ordinario dall'art. 163 cpc n. 3, 4, 5 e 7) «la determinazione  della
cosa  oggetto  della  domanda»,  «l'esposizione  dei  fatti  e  degli
elementi di diritto costituenti le  ragioni  della  domanda,  con  le
relative conclusioni»; «l'indicazione specifica dei  mezzi  di  prova
dei quali l'attore intende valersi e in particolare dei documenti che
offre in comunicazione»; requisiti  la  cui  essenzialita'  anche  in
relazione a quanto previsto dall'art. 111 Cost. e' prevista - a  pena
di nullita' dell'atto di citazione - dall'art. 164 cpc; 
        3)  la  procedura  cosi'  sommariamente  delineata  dall'art.
549/art. 543 cpc non prevede che il creditore  debba  necessariamente
indicare  nell'atto  di  pignoramento  presso  terzi  (contenente  la
citazione del terzo a comparire alla udienza ai sensi  dell'art.  543
cpc n. 4), in modo specifico e non generico  l'oggetto  e  il  titolo
della domanda nei confronti del terzo (e' previsto infatti  dall'art.
543 comma 2 cpc n. 2 che il pignoramento presso terzi debba contenere
«l'indicazione almeno generica, delle cose o delle somme dovute e  la
intimazione al terzo di non disporne senza ordine del giudice», e non
e' previsto che il creditore debba specificare a  quale  titolo  tali
somme o cose siano dovute); 
        4) prevede per il terzo un termine a  comparire  estremamente
ridotto (10 giorni) e non sufficiente a precisare le  sue  difese  in
vista di un contenzioso, in caso di dichiarazione in tutto o in parte
negativa; 
        5) non prevede che il terzo sia necessariamente assistito  da
un difensore, ne' che egli possa  e  debba  formalizzare  le  proprie
difese e conclusioni in una comparsa, con  la  necessaria  assistenza
tecnica, tanto che, parte della dottrina, sottolineando come non  sia
possibile proporre una semplice istanza nei confronti di un  soggetto
che  non  e'  parte  processuale,  ritiene  altresi'  necessaria   la
citazione in giudizio del terzo pignorato e, dunque, il  differimento
dell'udienza con termine per la chiamata (in tal  modo  ritenendo  di
evitare che il sistema presenti profili  di  incostituzionalita'  per
violazione degli articoli 24, comma 2, e 111, comma 2, Cost.); 
        6) non prevede che le parti possano e debbano precisare entro
determinate scadenze e in determinate forme, le reciproche domande  e
conclusioni anche istruttorie (183 VI co cpc); 
        7) non prevede quali poteri istruttori abbia il Giudice della
esecuzione nel compiere  i  «necessari  accertamenti»  finalizzati  a
risolvere le «contestazioni»; 
        8) non prevede la possibilita' di una normale impugnazione di
merito ma solo che  la  ordinanza  conclusiva  del  procedimento  sia
impugnabile  nelle  forme  e  termini  delle  opposizioni  agli  atti
esecutivi di cui all'art.  617  codice  di  procedura  civile.  Senza
specificare l'ampiezza dell'oggetto  della  impugnazione  e  se  essa
possa estendersi all'accertamento delle questioni di merito; 
        9) non chiarisce se la ordinanza conclusiva del procedimento,
in caso di ritenuto accertamento del credito e quindi di assegnazione
dello stesso, abbia o meno natura di titolo esecutivo  nei  confronti
del terzo (questione gia' controversa in dottrina e giurisprudenza  e
che il legislatore non ha chiarito, in quanto la formula «L'ordinanza
produce effetti ai fini del procedimento in corso  e  dell'esecuzione
fondata sul provvedimento di assegnazione» resta piuttosto  ambigua),
e comunque non e' dato comprendere come - in un giudizio  in  cui  il
terzo non e' parte, si possa pervenire alla emanazione di  un  titolo
esecutivo efficace nei suoi confronti; 
        10)  non  chiarisce  se  l'ordinanza   abbia   efficacia   di
accertamento di merito anche nei confronti del debitore. 
    La mancanza delle normali garanzie del contraddittorio - e quindi
del giusto processo regolato dalla legge - appare piuttosto  evidente
per quanto riguarda il terzo pignorato. 
    Non va pero' trascurato di considerare, anche, che la  incertezza
sulle  regole  di  questo  nuovo  procedimento,  riguarda  anche   il
creditore procedente. In un caso come quello in esame,  infatti,  non
e'  chiaro  se  il  creditore   possa   proporre,   nell'ambito   del
procedimento ex art.  549  cpc,  la  domanda  di  accertamento  della
simulazione del contratto preliminare  e  la  esistenza  del  negozio
dissimulato (il prestito o i prestiti, come affermato dal creditore),
anzi, tale domanda sembrerebbe non consentita  dall'attuale  sistema,
in quanto la procedura sommaria delineata dal  nuovo  art.  549  cpc,
efficace solo nell'ambito del procedimento di  esecuzione  in  corso,
sembra limitata alla decisione sulle questioni  di  natura  puramente
formale e non estesa alle decisioni di merito. 
    Inoltre, se il G.E. dovesse ritenere  non  accertato  il  credito
nell'ambito della procedura sommaria prevista dall'art. 549  cpc,  la
legge non prevede  che  il  processo  esecutivo  sia  automaticamente
sospeso in attesa di una  decisione  avente  efficacia  di  giudicato
sulle questioni sollevate. 
    Nel  corso  delle  fasi  dell'eventuale  giudizio  di  cognizione
instaurato con impugnazione della ordinanza conclusiva della sommaria
procedura di cui all'art.  549  cpc,  comunque  tale  giudizio  debba
svolgersi,  non  e'  piu'  prevista  la  necessaria  sospensione  del
processo esecutivo, con la conseguenza che, in caso di diniego  della
ordinanza  di  assegnazione,  il   processo   di   esecuzione   debba
(probabilmente) estinguersi (vi e' incertezza anche su questo). 
    C) Art. 111, commi 6 e 7. 
    6. Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati. 
    7. Contro le sentenze e contro  i  provvedimenti  sulla  liberta'
personale,  pronunciati  dagli  organi  giurisdizionali  ordinari   o
speciali, e' sempre ammesso ricorso in Cassazione per  violazione  di
legge.  Il  provvedimento  di  cui  all'art.  549  cpc  non   sarebbe
adeguatamente motivato,  stante  l'obiettiva  incertezza  del  quadro
normativo in cui e' inserito. 
    Il procedimento sommario di cui all'art. 549 cpc si conclude  con
«ordinanza» e non e' stato chiarito dal legislatore se tale ordinanza
abbia o meno natura di sentenza  e  se  possa  essere  impugnata  per
Cassazione, con conseguente possibile compromissione dei diritti  sia
del terzo  che  del  creditore,  a  causa  dell'incertezza  circa  la
normativa applicabile al processo. 
    D) Violazione articoli 2 e 3 Cost. 
    Gli articoli 2 e 3 risultano  violati  in  relazione  al  mancato
rispetto dei diritti inviolabili dell'uomo e del  cittadino  riferita
ai principi del giusto processo individuati dall'art.  111  Cost.  In
effetti la nuova  procedura  introdotta  dalla  legge  di  stabilita'
(Finanziaria 2013) viola  l'art.  2  della  Carta  costituzionale  in
quanto, violando il diritto alla difesa di cui all'art. 24 Cost, e al
«giusto  processo»  di  cui  all'art.   111   Cost.,   lede   diritti
fondamentali della persona. 
    La violazione dell'art. 3 della Carta costituzionale -  principio
di uguaglianza e di ragionevolezza - risulta  dalla  circostanza  che
situazioni  uguali  vengono   disciplinate   in   modo   diverso   in
considerazione di interessi estranei alle situazioni  disciplinate  e
non altrettanto  meritevoli  di  tutela.  Si  prenda  ad  esempio  la
situazione ordinaria di un  creditore  che  agisca  in  giudizio  nei
confronti del proprio debitore per ottenere  il  soddisfacimento  del
suo credito, ebbene tale creditore dovra' pervenire al  conseguimento
di una sentenza, o provvedimento ordinario (ad  es.,  di  regola,  un
decreto ingiuntivo)  costituente  «titolo  esecutivo»  nei  modi  del
processo ordinario. 
    Quindi  il  primo  debitore  risulta  tutelato  da  un   processo
ordinario/normale. 
    Nel  caso  in  cui  invece,  ad  agire  fosse  il  creditore  del
creditore,  munito  di  titolo  giudiziale  nei  confronti  del   suo
debitore, il  creditore  del  creditore  potra'  ottenere  un  titolo
giudiziale (esecutivo, secondo quanto ritenuto  dalla  giurisprudenza
sinora prevalente)  nei  confronti  del  debitore  del  suo  debitore
(debitor debitoris - terzo pignorato), senza che questi abbia diritto
alle garanzie di un processo  ordinario,  ma  tramite  una  procedura
talmente sommaria ed indeterminata da essere del  tutto  priva  delle
garanzie fondamentali previste dalla legge. 
    Quindi  il  terzo  pignorato  (debitor  debitoris)  non   risulta
tutelato da un  processo  ordinario/normale  (conforme  all'art.  111
Cost.) ma esposto alle conseguenze di una procedura super-accelerata,
priva delle garanzie del contraddittorio, indefinita quanto ai limiti
dei poteri del Giudice, ai mezzi di impugnazione, alla efficacia  del
provvedimento che la definisce. 
    Il terzo pignorato e' un  debitore  qualunque,  ma  risulta  meno
tutelato di altri, solo in considerazione del fatto che il  creditore
che agisce nei suoi confronti (pur non  essendo  creditore  nei  suoi
confronti) abbia gia' ottenuto in precedenza un titolo esecutivo  nei
confronti di un diverso soggetto, al quale il terzo pignorato  e',  o
potrebbe essere, collegato da un rapporto  obbligatorio,  ancora  non
oggetto di accertamento giudiziale (definitivo ed esecutivo nei  suoi
confronti). 
    Ne risulta con evidenza che due debitori, in situazioni identiche
con  riferimento  al   loro   debito   (ancora   non   accertato   in
giudizio/privo di titolo esecutivo), possono trovarsi  in  situazioni
di tutela giudiziale molto differenziata solo in  considerazione  del
fatto che uno dei loro creditori sia a sua volta debitore di un altro
soggetto, il quale possa agire e  agisca  esecutivamente  (in  quanto
munito di titolo  esecutivo  nei  confronti  del  suo  debitore)  con
pignoramento presso il terzo. 
    In ipotesi identiche le modalita' di accertamento del  credito  e
di  formazione  giudiziale   di   un   titolo   esecutivo   risultano
eccessivamente  differenziate  e  solo  in   considerazione   di   un
ingiustificato e generalizzato favore per i creditori gia' muniti  di
titolo  esecutivo  (infatti  non  si  e'  proceduto  a  riformare  le
procedure ordinarie/normali di accertamento  dei  crediti),  i  quali
possono ottenere un ulteriore titolo esecutivo nei  confronti  di  un
soggetto estraneo (il terzo/debitor debitoris), con una procedura che
definire poco garantista sembra quasi un eufemismo. 
    A tale principio di uguaglianza e  ragionevolezza  sembra  invece
ispirato il Codice di procedura civile del 1865 nel vigore del quale,
le contestazioni sulla  dichiarazione  del  terzo  venivano  distinte
esplicitamente, a seconda che fossero di  pura  forma  e,  in  quanto
tali, decise dallo stesso giudice dell'esecuzione (art.  614)  ovvero
di merito («controversie intorno alla fatta  dichiarazione,  che  non
siano di pura forma») e, in tal caso, «rimesse  -  su  istanza  della
parte interessata - alla  decisione  dell'autorita'  giudiziario  che
sarebbe stata  competente,  se  il  dichiarante  fosse  stato  citato
direttamente dal proprio creditore». 
    In effetti non e' dato comprendere con quale ragionevolezza e per
quale ragione il terzo pignorato,  nella  attuale  disciplina,  debba
subire una serie di conseguenze  negative  (compromissione  dei  suoi
diritti di difesa, formazione anticipata  del  titolo  esecutivo  nei
suoi confronti,  inopponibilita'  di  questioni  che  avrebbe  potuto
proporre nei confronti del suo creditore) in  virtu'  di  circostanze
del tutto estranee al suo rapporto col suo creditore, e al  di  fuori
dei limiti previsti dalle norme generali previste dal  codice  civile
in caso di cessione del credito (in base alle quali  il  credito  non
puo'  che  essere  trasferito  nei  limiti  in  cui   era   posseduto
dall'originario creditore articoli 11260 e ss cc). 
    E) Art. 81 Cost. 
    Da ultimo si osserva che gli articoli  in  questione  sono  stati
inseriti nella cd legge di Stabilita', senza  apparenti  presupposti,
infatti non si tratta di norme che incidono sul bilancio dello  Stato
e  sulla  programmazione  economica,  ma  di  norme   che   attengono
strettamente alla  regolamentazione  dei  diritti  processuali  delle
parti coinvolte nei processi esecutivi preso terzi. 
 
                             Conclusioni 
 
    In definitiva si ritiene che la disposizione dell'art. 1 comma 20
n.ri 3 e 4 della legge 24 dicembre  2012,  n.  228,  contenuta  nella
legge di Stabilita', possa risultare in contrasto con gli articoli 2,
3, 24, primo e secondo comma, 111, primo, secondo e sesto  comma,  81
della Costituzione, in quanto: 
        - abroga il procedimento per  accertamento  dell'obbligo  del
terzo (che si svolgeva nelle  forme  ordinarie,  a  norma  del  libro
secondo del cpc) e la sospensione necessaria del processo  esecutivo,
e sostituisce il procedimento di accertamento dell'obbligo del  terzo
con una procedura non sufficientemente regolata dalla legge (art. 111
Cost. «il giusto processo regolato dalla  legge»)  e  rimessa,  quasi
completamente, alla interpretazione del G.E.; 
        - tale procedura, nelle poche  scarne  norme  esistenti,  non
prevede le adeguate garanzie difensive relative al  «contraddittorio»
nei confronti del terzo pignorato (il quale e' -  appunto  -  «terzo»
nel processo esecutivo), in contrasto  con  l'art.  111  Cost.  «Ogni
processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di
parita'» e l'art. 24 Cost., che prevede l'inviolabilita' del  diritto
di difesa; 
        - tale procedura,  qualora  fosse  ritenuta  sufficientemente
delineata dal legislatore, si porrebbe  in  contrasto  con  l'art.  3
Cost, principio di uguaglianza e di ragionevolezza, in quanto  da  un
lato finisce col creare un diverso trattamento di fattispecie  uguali
relativamente  alle  modalita'  di  accertamento  del  credito  e  di
formazione giudiziale di un titolo esecutivo (differenziate  solo  in
considerazione di un ingiustificato  e  generalizzato  favore  per  i
creditori gia' muniti di titolo esecutivo, i quali  possono  ottenere
un ulteriore titolo esecutivo nei confronti di un soggetto  estraneo,
il terzo/debitor debitoris, con una procedura estremamente accelerata
e molto poco garantista),  ovvero,  dall'altro,  qualora  si  dovesse
ritenere che la nuova procedura debba applicarsi solo alle  questioni
di natura «formale» e non al merito,  relativamente  all'accertamento
del debito del terzo pignorato, creerebbe un ingiustificato danno per
lo stesso creditore, il quale non avrebbe piu' alcuno  strumento  per
promuovere  un  giudizio  di  merito,  incidentale   alla   procedura
esecutiva,  di  accertamento  dell'obbligo  del  terzo,  non  essendo
(oltretutto) piu' prevista la  sospensione  necessaria  del  processo
esecutivo, 
        - tale  procedura  e'  stata  introdotta  con  una  legge  di
bilancio e programmazione economica, apparentemente estranea al  tema
trattato. 
    La  questione  e'  rilevante  ai  fini  della   decisione   sulla
ammissione dei mezzi di prova richiesti dalle parti e sulla decisione
delle questioni poste dalle parti  nell'ambito  del  procedimento  ex
articoli  543/548/549  cpc  nuova  formulazione  che   non   appaiono
suscettibili di una interpretazione conforme a Costituzione,  nonche'
in ordine alla emissione della ordinanza di  assegnazione  ovvero  di
estinzione della procedura per esito negativo/dichiarazione negativa,
nonche'   per   l'eventuale   sospensione/non   sospensione,    della
esecuzione, nel corso del giudizio di accertamento  dell'obbligo  del
terzo.